Generalmente, quando si parla di benessere in relazione al lavoro, si ha l’impressione che le due cose siano mutualmente esclusive, cioè non possano coesistere. Ma non è così, anzi è esattamente l’opposto.
Infatti, contrariamente a quello che si pensa, il benessere non è un mero ingrediente delle performance elevate, al contrario, ne è il fondamento. Ce ne parla Annastiina Hintsa, CEO di Hintsa Performance, durante la sua intervista con McKinsey.
Stare bene è prerequisito essenziale per poter lavorare bene. Lo dice la scienza, che mostra come diversi elementi siano parte fondante sia dello stare bene che del lavorare in modo produttivo: attività fisica, nutrizione, sonno e riposo, energia mentale e salute generale.
Hintsa fa un esempio molto semplice: la privazione del sonno, che influenza tutti gli aspetti della vita, dall’intelligenza emotiva, alla creatività, alle abilità di risoluzione dei problemi complessi. E la sfida più grande della privazione del sonno, è che con il tempo ci si abitua, diventa normale conviverci e operare in condizioni subottimali.
Data quindi l’importanza del proprio benessere, perché molte persone sono così restie a prendersi un momento di pausa per prendersi cura di loro stessi? Hintsa spiega che spesso si è accecati, e l’unico modo per accorgersi che il proprio stile di vita non è più sostenibile è toccare il fondo. Molti devono raggiungere uno stato di burnout per realizzare che qualcosa non va. Le ragioni di questa miopia sono varie:
- Molto spesso queste persone sono talmente concentrate da non notare i segnali di allarme che il loro corpo manda. Il primo passo sarebbe quindi sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio stato.
- L’identità fornisce un grande deterrente. Molte persone si identificano totalmente con il loro lavoro, e a nessuno piace rinunciare alla propria identità. A tal riguardo, Hintsa afferma che il termine work-life balance è desueto e inappropriato, perché contrappone il lavoro alla vita, quando in realtà la vita è una e il lavoro è parte integrante di essa. Per essere più resilienti è importante non basare la propria identità unicamente sul lavoro, è importante avere altre elementi con cui identificarsi.
- Il benessere è difficile da quantificare. Essendo intangibile è visto come una serie di “cose” da fare, d’intralcio con il resto della to-do list, e quindi relegate alla fine, private dell’attenzione che meriterebbero.
- In fine, lo stigma che si è sviluppato sull’argomento. Affermare di avere bisogno di una pausa per il proprio benessere è motivo di vergogna. È visto come una debolezza, ma non lo è. Bisognerebbe rivedere tale concezione, a partire dalla leadership. Il 96% di coloro che hanno sintomi di burnout non vogliono condividere la loro condizione con la loro famiglia, e ancora meno con capo e colleghi. I leader possono fare la differenza in questo, creando un ambiente psicologicamente sicuro che favorisca l’apertura.
L’importanza del benessere è accentuata dalla situazione pandemica che stiamo vivendo. Il Covid-19 ha avuto un impatto devastante sulla salute mentale delle persone, sfociando in depressione o altri problemi comportamentali. È quindi fondamentale prendere provvedimenti.
Le organizzazioni non possono essere in modalità iperattiva tutto il tempo. Esattamente come per gli atleti, non possono lavorare ad alta intensità in modo continuativo. Persone e team non possono performare ininterrottamente e al massimo delle loro forze, esattamente come gli atleti, hanno bisogno di alternare momenti di concentrazione e impegno ad altri di riposo e relax.
Leggi l’intervista completa di Annastiina Hintsa, condotta da Jan Ascher, Fleur Tonies su www.mckinsey.com