Letture Primate > The Art of Impossible: A Peak Performance Primer

Cosa dice di importante questo libro
Steven Kotler esplora il tema della performance eccezionale attraverso studi, analisi, interviste ed esperienze personali, per scoprire la formula che porta a “fare l’impossibile” e renderla accessibile a tutti. Parte infatti da quattro presupposti: 

  • che l’impossibile sia tale perché non si è ancora trovata la strada per raggiungerlo 
  • che questa strada, una volta trovata da qualche “pioniere”, possa trasformarsi in un metodo 
  • che questo metodo, più che su comportamenti, si fonda sui correlati biologici alla base degli stessi
  • che, siccome in quanto esseri umani tutti funzioniamo biologicamente nello stesso modo, tutti possiamo applicare con successo il metodo.

Esiste dunque uno stato psicofisico, biologico, che sia alla base del raggiungimento di risultati eccezionali in ogni settore della vita, si tratti dello sport, dell’arte, o del business? Kotler ci dice di sì, e lo identifica nel Flow: non è una novità, ne parlava già Mihaly Csikszentmihalyi negli anni 70 del secolo scorso. Ciò che Kotler aggiunge è, da una parte, una solida base neuroscientifica che spiega non solo come il flow funziona, ma anche come possiamo ricercarlo attivamente e sostenerlo consapevolmente per trarne il massimo beneficio in maniera intenzionale (il metodo, appunto). Dall’altra il fatto che il flow è sicuramente una condizione necessaria per raggiungere le peak performance, ma non sufficiente: occorrono infatti anche motivazione, capacità di apprendimento e creatività, competenze che peraltro nutrono il flow e si rafforzano con lo stesso, perché i risultati siano davvero eccellenti e duraturi.

Citazioni
What’s the biological formula for the impossible? The answer is flow

Since impossible is always an arduous trek, elite-level performers never rely on a single source of fuel to sustain them along the way. (…). On the physical side (…) elite performers always try to get enough sleep and exercise and maintain proper hydration and nutrition. (…). Equally crucial, elite performers stack psychological fuel sources. They cultivate and align drivers such as curiosity, passion and purpose. By stacking these sources of mental energy, they ensure on-demand access to all of life’s most potent emotional fuels

If our goal is to stay in the challenge-skill sweet spot to maximize the time we spend in the zone, then we need to be constantly stretching ourselves to the edge of our abilities. (…). Lifelong learning (…) is the bedrock foundation of a high-flow lifestyle

…the bigger the dream, the less visible the path. Which is to say, in the infinite game of peak performance, motivation gets you into the game, learning allows you to continue to play, but creativity is how you steer

In flow, we’re not using more of the brain, we’re using less. (…) The prefrontal cortex is a powerful place. As we’ve seen, it’s the seat of a lot of our higher cognitive functions (…) yet, in flow, this portion of the brain shuts down

Neurobiologically, flow arises moments after our senses detect a serious uptick in salience (…) flow starts with the decision to fight back

Once intrinsic drivers are aligned and goals are stacked, everything else is about scheduling (…) the two biggest time sucks on this list are the need to start your day with 90 to 120 minutes of uninterrupted concentration devoted to your hardest task and the need, at least once a week, to spend two to six hours doing your highest flow activity

Struttura e contenuti del libro
Motivazione, apprendimento, creatività e flow. A ciascuno dei quattro elementi alla base della performance impossibile Kotler dedica una sezione del suo libro: li descrive da un punto di vista neuroscientifico, spiega perché rendano la nostra azione particolarmente efficace, e soprattutto indica il metodo da seguire per allenarli. 

La trattazione è estremamente analitica, entra nel dettaglio delle componenti essenziali di ogni dimensione: risulta quindi estremamente complesso, se non poco utile, fare una sintesi, perché si rischierebbe di tralasciare elementi che sono invece importanti nella definizione del metodo. Mi sembra però interessante isolare alcuni punti che apportano qualcosa di nuovo su questi temi.

  • Il primo è l’importanza del proposito come innesco alla motivazione e al flow stesso. Kotler lo collega al bisogno evolutivo di relazione e connessione con gli altri, e spiega che avere un proposito modifica il cervello: diminuisce la reattività dell’amigdala, il volume della corteccia temporale mediale e aumenta quello della corteccia insulare destra. Ciò si traduce in meno stress, maggiore resilienza, percezione più acuta, benessere generale, minore tendenza alla ruminazione mentale e maggiore focus. Tutti elementi costitutivi del flow. Inoltre, il proposito è la base per identificare obiettivi significativi, che ci stimolano a mettere in atto il vero e proprio innesco del flow: l’accettazione della sfida che il contesto ci propone. 
  • Il secondo è il continuo stimolo a occuparci con costanza del nostro benessere fisico e mentale. Kotler mostra infatti come sia la base per accedere alle energie necessarie a mettere in moto tutti gli elementi del flow. Nel libro vengono dati suggerimenti molto concreti, tra cui dormire almeno sette/otto ore al giorno, fare esercizio fisico per almeno un’ora tre volte alla settimana, dedicare spazi di allenamento mentale quotidiani con la mindfulness, sviluppare un dialogo interiore positivo e un atteggiamento di gratitudine.
  • Il terzo è la descrizione del flow come un processo, che ha bisogno di toccare tutte e quattro le dimensioni che lo costituiscono per attivarsi. Non è quindi possibile vivere in un flow perenne, ma possiamo massimizzare il tempo in cui siamo in questo stato e soprattutto creare con intenzionalità le condizioni necessarie al suo emergere. Almeno due fasi di questo processo sono poco piacevoli: inizia infatti con uno stato di frustrazione legato alla necessità di uscire dalla zona di comfort per affrontare nuove sfide. In questa fase abbiamo bisogno di apprendere per sentirci sufficientemente abili per affrontare la sfida, e di trovare la motivazione per resistere alla stanchezza e alle difficoltà che le novità portano. La capacità di apprendere, la motivazione, la grinta sono quindi indispensabili. Anche l’ultima fase è faticosa, perché l’uscita dal flow comporta stanchezza e richiede riposo e attività che ricaricano le batterie: passeggiate, blande attività fisiche, letture. La seconda fase è quella di rilassamento: la mente ha bisogno di lavorare a livello inconscio per digerire ciò che ha appreso nella prima fase e sentirsi pronta a cogliere la sfida. Occorre quindi staccare e dedicarsi a qualcosa di fisico, anche solo farsi la doccia, o guidare, qualcosa che occupi poco i nostri pensieri e lasci alla mente l’energia necessaria per sviluppare creatività e apprendimento. Lo stato di flow, il terzo nel processo, sopraggiunge proprio quando pensiamo di avere staccato, e arriva invece un insight, un picco di attenzione che decidiamo di affrontare, trasformando la frustrazione in coraggio. Perché questo stato possa essere massimizzato occorre dedicarvi del tempo senza distrazioni, ed evitare di attivare la voce del critico interno: e qui vengono utili le competenze mentali sviluppate nelle fasi di apprendimento, motivazione e creatività.

Particolarmente interessanti sono infine le parti in cui vengono descritti i metodi per allenare le diverse capacità: Kotler è estremamente concreto e pragmatico, coerente con la sua idea per cui per entrare in flow basta seguire una check list. Si arriva così alla fine del libro con un Piano d’azione dettagliato, che va dagli step necessari per identificare il proprio proposito al numero e alle caratteristiche dei libri da leggere per sviluppare curiosità e capacità di apprendimento; dalle ore da dedicare ogni giorno alla meditazione, alla gratitudine, all’esercizio fisico fino alle tecniche per la gestione della paura; dai suggerimenti per affrontare un problema con creatività alle istruzioni per scrivere un obiettivo chiaro. Se vogliamo massimizzare il nostro stato di flow, si tratta quindi di fare una lista delle cose da fare e… iniziare a metterla in pratica!

Conclusione
Scorrevole nello stile e inframmezzato da numerosi esempi, il libro risulta comunque denso per la grande quantità di informazioni che propone e l’analiticità con cui descrive le diverse dimensioni del flow. Cattura per la capacità di descrivere in termini semplici come funzioniamo da un punto di vista neurolobiologico, e per la concretezza delle indicazioni operative che propone: allo stesso tempo però, per il livello di approfondimento cui giunge rischia di far percepire tutto come molto complesso, e quindi poco alla portata di chi legge, vanificando lo scopo iniziale. Le attività proposte come propedeutiche al flow, che se prese una alla volta sono facilmente applicabili, appaiono impegnative quando vengono messe in sequenza, soprattutto se confrontate con le nostre giornate-tipo: Kotler suggerisce di dedicare due ore al giorno prive di interruzioni e distrazioni all’attività che vogliamo svolgere in flow, di fare un’ora di esercizio fisico per almeno tre giorni alla settimana, venti minuti di riposo mentale, leggere 25 pagine al giorno di libri che parlino di argomenti che non conosciamo,  cinque minuti di definizione degli obiettivi, cinque minuti di pratica di gratitudine… dove trovare tutti questi spazi nelle nostre agende già piene? Ciò nonostante penso che valga la pena lavorarci: senza dover applicare l’intera check list proposta, credo che ognuno di noi possa trovare un paio di attività da inserire nella propria routine che possono effettivamente cambiare il nostro approccio alle sfide e darci accesso a questo stato di grazia.