Dopo molti dibattiti, sembra che il passaggio alla settimana lavorativa di quattro giorni sia ormai alle porte, tanto che l’argomento è diventato centrale non solo nei contesti organizzativi, ma anche in quelli legislativi.

Infatti, il Belgio è stato il primo paese a legiferare sull’argomento e in Pennsylvania è stato presentato un disegno di legge a riguardo. Nel Regno Unito, invece, è stato avviato un progetto pilota di grande successo, tanto che il 92% delle aziende si è impegnato a perseguirne l’implementazione in futuro. La sperimentazione ha portato vantaggi per tutte le parti in gioco: lavoratori e lavoratrici hanno ottenuto più tempo per sé, mentre le organizzazioni hanno registrato un +1,4% di entrate e una riduzione del 57% del turnover.

Il pilota nel Regno Unito ha anche reso evidente che non esiste un solo modo per passare alla settimana lavorativa di 4 giorni: chi vuole sperimentarla deve avere una mentalità aperta, dare priorità alla produttività effettiva, alla fidelizzazione e all’impegno come principi guida verso la decisione finale.

Di fronte a un potenziale cambiamento epocale per il mondo del lavoro, ricordiamo che è meglio essere proattivǝ e raccogliere i frutti di un’adozione tempestiva, piuttosto che doversi poi conformare quando la legislazione lo imporrà.

Vediamo a quali sfide si troverà di fronte chi vuole testare la settimana lavorativa “breve”:

    1. Ripensare la misurazione del lavoro
      Per rendere efficace la settimana lavorativa di 4 giorni, è necessario dare ai e alle dipendenti le tecnologie e la flessibilità di cui hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro in modi nuovi. È importante anche tenere presente che qualunque tipo di attività potrebbe trarre vantaggio da questa innovazione. Prendiamo l’esempio di una catena di montaggio che impiega 300 persone che lavorano su turni per cinque giorni la settimana: con la giusta programmazione, formazione trasversale e divisione del lavoro, lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto sovrapponendo i turni in modo creativo su quattro giorni. Per riuscirci tenere presente che quelle 300 persone non sono “pezzi” intercambiabili: alcune hanno competenze specialistiche e altre no. Perciò il focus è sul corretto assemblaggio delle competenze più che su un numero fisso di lavoratori/lavoratrici per ogni turno.
    2. Fare considerazioni specifiche per ogni settore
      La transizione alla settimana lavorativa di quattro giorni richiede considerazioni specifiche per ogni settore. Quelli altamente regolamentati come la sanità o i servizi finanziari, per esempio, potrebbero dover essere maggiormente creativi per bilanciare la richiesta di flessibilità con la legislazione vigente. Ogni settore, comunque, trarrà vantaggio dal prendere in considerazione i dati e formulare ipotesi a lungo termine: i negozi, per esempio, potrebbero prevedere un sistema di turni flessibili basati sui dati del traffico pedonale. Certo, in alcuni settori il passaggio potrebbe essere più complesso, ma se si agisce con flessibilità e c’è collaborazione tra manager e personale, è quasi sempre possibile trovare una soluzione.
    3. Supportare il processo con la tecnologia
      La tecnologia giocherà un ruolo fondamentale nell’implementazione della settimana lavorativa di 4 giorni. Le soluzioni che includono automazione, digitalizzazione, machine learning/IA e strumenti di analisi e comunicazione offrono tutte una maggiore flessibilità. Per esempio, l’automazione può condensare e accelerare i flussi di lavoro manuale, oppure è possibile usare degli algoritmi per pianificare turni e assegnazioni ottimali.

Il percorso verso la settimana lavorativa di 4 giorni è anche collegato alle discussioni sul lavoro da remoto: più le aziende acquistano consapevolezza di quali attività possono essere svolte a distanza e quali richiedono la presenza, più saranno pronte ed a loro agio nell’implementare la “settimana breve”.

Leggi l’articolo di Sandra Moran su peoplemanagement.co.uk