Dopo più di due anni di pandemia e una guerra in corso, la tensione è ai massimi storici e anche la minima cosa può farci perdere la calma. Questo accade perché il livello prolungato di stress e paura che proviamo ogni giorno esaurisce le nostre risorse emotive, rendendo più elevata la possibilità di arrabbiarsi, anche per piccole provocazioni.

La rabbia è dannosa, irrazionale e dovrebbe essere repressa… Ma è veramente così? In realtà, reprimerla è peggio che affrontarla, e non fa altro che danneggiare noi stessi e coloro che ci circondano. Al contrario, se sai come canalizzarla, anche la rabbia può rivelarsi utile.  

Prendi, ad esempio, il caso di Brad Bird, dirigente della Pixar, che per lavorare su un nuovo film ha intenzionalmente reclutato animatori frustrati, perché credeva fossero più propensi a cambiare le cose in meglio. Il risultato? Gli Incredibili, film che ha battuto ogni record al botteghino. 

La rabbia non è sempre qualcosa di negativo, ma bisogna saperla gestire. Di seguito 6 cose che puoi fare per incanalarla in maniera più positiva. 

Riconoscere che si è subito un torto. Se, per esempio, sei stato ferito a causa di una decisione ingiusta, è naturale che tu ti senta arrabbiato e non devi chiedere scusa per questo. Le ricerche mostrano che, quando è giustificata, la rabbia è una risposta molto più salutare della paura perché innesca sentimenti di certezza e controllo. 

Evitare uno sfogo eccessivo. Sfogarsi, infatti, non è un’attività liberatoria e produttiva come comunemente si pensa. Lo psicologo Brad J. Bushman ha studiato le persone che hanno usato un sacco da boxe per sfogare la propria rabbia, e ha scoperto che “non fare nulla” era più efficace nel dissipare l’ira.
Allo stesso modo, è stato dimostrato che anche lo sfogo cronico, in cui ci si lamenta sempre degli   stessi problemi senza cercare di capirli o risolverli, fa sentire peggio sia te che le persone che ti ascoltano.

Identifica i bisogni specifici dietro le tue emozioni. Vai oltre ciò che provi e focalizza la tua attenzione sul bisogno che sta alla base. In questo modo guarderai alla situazione con uno sguardo più obiettivo e distaccato.

Alcune domande che potrebbero aiutarti a comprendere la causa per cui sei arrabbiato:

  • Cosa ha scatenato la mia rabbia?
  • Quali sentimenti ci sono dietro la mia rabbia? Forse paura o impotenza?
  • Di cosa ho bisogno per stare bene adesso?
  • Quale risultato a lungo termine mi farebbe sentire meglio?

Se riesci, parla delle tue emozioni, senza emozionarti. Siccome la rabbia può offuscare la mente e rendere meno capaci di pensare razionalmente, prenditi un po’ di tempo per tranquillizzarti prima di fare qualsiasi cosa. Se la tua rabbia è stata innescata da quella di qualcun altro, potresti voler condividere con questa persona come le sue azioni ti hanno influenzato. Per prepararti a questa conversazione, chiarisci il tuo obiettivo, cosa vorresti dire e quale sia il momento più opportuno per farlo. Prova a usare questa semplice formula: “Quando tu_____, io mi sento _______”.

Se non riesci ad esprimere le tue emozioni, affronta indirettamente i tuoi bisogni. A volte, infatti, ti arrabbierai per qualcosa che non può essere risolto o cambiato. In questi casi, cerca dei modi per allontanarti dal problema o, se non puoi andartene, per affrontare indirettamente le tue necessità (ad esempio cercando il supporto di amici o di un terapeuta). 

Canalizza le energie derivanti dalla rabbia in qualcosa di utile. Per molto tempo, la professoressa Brittney Cooper ha pensato di dover tenere le proprie emozioni sotto controllo pur di essere rispettata e non essere etichettata come una “donna nera arrabbiata”. Eppure, è proprio l’autenticità delle sue emozioni che ha fatto sì che i suoi studenti prestassero attenzione durante le sue lezioni. Ora, la professoressa pensa alla rabbia come a un superpotere che può dare alle donne discriminate per il colore della propria pelle la forza di combattere l’ingiustizia. Quando ci arrabbiamo, infatti, la nostra fiducia può effettivamente aumentare e possiamo diventare più capaci e forti. 

Leggi l’articolo completo di Liz Fosslien e Mollie West Duffy su www.hbr.org