Il covering è una strategia basata sulla rimodulazione e la modifica della propria identità per conformarsi alla maggioranza e raggiungere l’inclusione. Viene messa in atto in molti ambienti di lavoro, soprattutto da persone che appartengono a categorie discriminate e sottorappresentate. Kenji Yoshino, direttore del Meltzer Center for Diversity, Inclusion, and Belonging della NYU, ha approfondito il tema nel suo libro del 2006 “Uncovering: The Hidden Assault on Our Civil Rights” e, nel 2013, ha pubblicato uno studio che identifica proprio il covering come causa dell’insuccesso di molte politiche D&I.
Nel 2023 è arrivato un nuovo rapporto, “Uncovering Culture: A Call to Action for Leaders”, che non solo rileva la persistenza del covering negli ambienti di lavoro, ma fornisce anche indicazioni ai e alle leader per comprendere il fenomeno e creare ambienti professionali dove non sia necessario nascondere la propria reale identità per sentirsi accettatǝ.
Lo studio si basa su un sondaggio condotto su 1.200 lavoratori e lavoratrici appartenenti a cinque diversi settori professionali dell’economia statunitense. Tra gli aspetti più rilevanti emerge il fatto che il covering riguarda anche categorie privilegiate, come gli uomini bianchi che talvolta vivono le politiche di inclusione dell’azienda come uno svantaggio e sono spinti a nascondere alcuni tratti della propria identità. Inoltre, esiste anche un “covering per procura”, ovvero ci sono persone che “coprono” aspetti identitari altrui, come chi ha un figlio transgender ma non difende i diritti delle persone transgender sul lavoro per timore di subire discriminazioni.
Passando alle indicazioni per i e le leader, il rapporto individua queste tre linee guida:
- Diagnosticare ed eliminare il covering dalla squadra
Non tutte le forme di covering sono dannose per l’azienda, per esempio il fatto che una persona limiti dei comportamenti odiosi o aggressivi è un vantaggio per l’organizzazione. Tuttavia, quando si arriva a dover nascondere tratti della propria identità per raggiungere l’inclusione, gli effetti non possono essere positivi. Come distinguere, quindi, le forme di covering funzionali da quelle da sradicare? Il rapporto invita a fare riferimento ai valori organizzativi per orientarsi. - Condividere la propria storia e modellare l’autenticità
Come sempre, l’esempio dei e delle leader è fondamentale. Dovrebbero essere loro per primǝ a modellare l’autenticità e a condividere la propria identità e i propri valori, anche con frasi semplici come “oggi esco prima per andare alla partita di calcio di mia figlia”. - Impegnarsi in un’alleanza costruttiva e sfruttare il proprio vantaggio
Il report presenta l’alleanza attiva tra le persone discriminate e le altre come un “antibiotico ad alto spettro” in grado di contrastare il fenomeno del covering. Tale alleanza si concretizza nel segnalare e gestire affermazioni e comportamenti discriminatori anche se non sono rivolti a noi, in ottica di miglioramento e non di condanna.
L’inclusione non può essere delegata ai singoli, ma deve essere vissuta come una responsabilità organizzativa.
Leggi l’articolo di Stephanie Creary su knowledge.wharton.upenn.edu