*L’Immagine è “Forme – Grido Viva L’Italia” di Giacomo Balla, 1915

Aaron, recentemente promosso a direttore senior in un’azienda biofarmaceutica, si è presentato a una sessione di coaching visibilmente stressato. Il motivo del suo disagio non era tanto il rendimento insufficiente del suo collaboratore Josh, quanto la difficoltà nell’affrontare una conversazione delicata per comunicargli che non stava raggiungendo gli obiettivi assegnati. Aaron e Josh, infatti, erano stati colleghi fino a poco tempo prima e Josh, secondo Aaron, non aveva mai ricevuto feedback critici sulle proprie performance. Aaron temeva che Josh potesse reagire male alla critica.

La proposta del coach è stata di capovolgere l’approccio: invece di dire a Josh che stava fallendo, invitarlo ad autovalutare la propria performance. Questo metodo ha l’obiettivo di raccogliere informazioni preziose, ridurre le supposizioni e impostare un dialogo collaborativo anziché un giudizio unilaterale. Così facendo, Aaron evitava di essere percepito come “il cattivo”, poteva verificare il livello di allineamento tra la sua percezione e quella di Josh e, allo stesso tempo, dimostrare la volontà di affiancarlo, non di condannarlo.

Il cambiamento di prospettiva ha subito sollevato Aaron. Da lì, ha costruito un piano di conversazione articolato in cinque passaggi chiave, replicabile da chiunque debba affrontare situazioni simili.

 

  1. Chiedere prima di dire.

L’approccio iniziale prevede di chiedere alla persona come valuta il proprio andamento rispetto agli obiettivi. È utile anche chiedere quali metriche o esempi considera rilevanti per la propria autovalutazione. Se le percezioni coincidono, si può procedere con più agilità. In caso di divergenze parziali, si possono semplicemente evidenziare i punti critici. Se la persona ritiene di star facendo un buon lavoro, è il momento di condividere una percezione diversa, spiegando su quali dati o comportamenti si fonda e aprendo uno spazio di confronto e chiarimento.

 

  1. Chiarire cosa non è negoziabile.

Una volta affrontata la questione delle performance, è importante definire chiaramente le aspettative e gli aspetti inderogabili. Aaron, ad esempio, ha comunicato a Josh che il tasso di completamento degli esperimenti era una metrica chiave e che da due mesi risultava al di sotto del livello minimo accettabile. Ha poi proposto di analizzare insieme le cause e ridefinire l’organizzazione del lavoro per rientrare nei tempi, specificando che, in caso di ritardi, Josh avrebbe dovuto informarlo almeno due giorni prima. In questo modo, Aaron ha fornito dati oggettivi e dimostrato disponibilità a supportare il miglioramento.

 

  1. Collegarsi agli obiettivi della persona.

Le persone sono più motivate a migliorare se vedono un legame tra la performance attesa e i propri desideri professionali. Se, ad esempio, una persona desidera interagire più direttamente con i e le clienti, ma ha difficoltà a rispettare le scadenze, è utile farle capire che prima deve dimostrare affidabilità nella gestione del lavoro quotidiano. Inoltre, ascoltare le valutazioni della persona può anche portare a riconoscere una sottostima del carico di lavoro, consentendo di riformulare insieme obiettivi più realistici. Questo approccio rafforza la collaborazione anziché l’imposizione, aumentando il coinvolgimento.

 

  1. Descrivere comportamenti specifici.

I feedback vaghi non aiutano il cambiamento. È essenziale riferirsi a comportamenti concreti osservati. Dire “non sei reattivo/a” è generico; molto meglio dire “non hai risposto alla metà delle mie email, tre volte hai impiegato una settimana a rispondere, e hai mancato due scadenze senza avvisarmi”. Lo stesso vale per affermazioni come “sei troppo conflittuale” o “eviti il conflitto”: più utile è proporre azioni specifiche come “prima di chiudere una riunione, ti chiedo di esprimere eventuali disaccordi su decisioni importanti”. I feedback basati su osservazioni verificabili sono più difficili da contestare e offrono una base concreta per il cambiamento.

 

  1. Elaborare un piano condiviso.

Dopo aver chiarito aspettative e comportamenti, è il momento di definire un piano d’azione congiunto. Si parte chiedendo alla persona come intende migliorare la propria performance, integrando poi le sue proposte con eventuali aggiunte. È fondamentale accordarsi su tempi, modalità di monitoraggio e su cosa succederà se i risultati attesi non verranno raggiunti.

 

Quando Aaron ha chiesto a Josh di fare un’autovalutazione, Josh ha ammesso le sue difficoltà e non si è stupito della conversazione. In questo modo, Aaron ha gestito una potenziale situazione critica in modo costruttivo e collaborativo, favorendo il rilancio della performance di Josh. Affrontare queste conversazioni partendo dall’ascolto e dal confronto riduce il carico emotivo, aumenta l’efficacia e rafforza la relazione professionale. Coinvolgere la persona nella ricerca di soluzioni rende il processo più sostenibile e, come nel caso di Aaron, può perfino migliorare la qualità del sonno.

Leggi l’articolo completo di Sabina Nawaz sulla Harvard Business Review

**La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
***Fino ad ora abbiamo utilizzato un linguaggio inclusivo inserendo i corrispettivi femminili dei termini e usando la vocale schwa (ə) quando possibile; purtroppo diversi lettori ci hanno segnalato che queste soluzioni rendevano poco scorrevoli gli articoli, pertanto abbiamo scelto di ripristinare le frasi al maschile solo per facilitare la lettura.