SEGRETA > Non si può essere Agili senza Sicurezza Psicologica

Da quando fu scritto il Manifesto Agile, ventun anni fa, il metodo ha preso piede e ormai fa parte del lavoro quotidiano di moltissime aziende, uscendo dall’ambito della produzione di software e coinvolgendo tutte le funzioni aziendali. 

Però, la metà delle organizzazioni che adottano il metodo e ne utilizzano gli strumenti (come scrum, sprint e retrospettive), non vedono alcun risultato.

Questo nella maggior parte dei casi avviene perché non si rispetta il primo punto del Manifesto Agile: “Individui e interazioni più che processi e strumenti”

I processi e gli strumenti dell’Agile sono un supporto, ma la tecnologia base di Agile non è tecnica o meccanica, è culturale

Un’elevata Sicurezza Psicologica all’interno dell’organizzazione favorisce l’innovazione, mentre una cultura basata sulla paura delle conseguenze relazionali porta a perseguire come unico obiettivo la sopravvivenza. Gli elementi base a cui fare attenzione, quindi, sono la qualità del dialogo tra i componenti del team (sanno parlare in modo profondo fra loro, ascoltare, rispondere, argomentare? Oppure prevalgono atteggiamenti giudicanti e di autoconservazione?), la capacità di darsi feedback, la possibilità di esprimere dissenso senza subire ritorsioni, la disponibilità a esprimere la propria vulnerabilità.

Ecco cinque modi per promuovere la Sicurezza Psicologica nel nostro team, nell’ottica di renderlo più Agile, collaborativo e di successo.

  1. Inquadrare l’Agilità come un’implementazione culturale
    La nostra trasformazione Agile potrà avvenire solo se smettiamo di vederla come un processo da affrontare in modo meccanico, come una serie di azioni da completare per raggiungere un determinato obiettivo, come un obiettivo che può essere raggiunto una volta per tutte. È invece un vero e proprio cambiamento culturale, che può fermarsi, tornare indietro, perdersi, se trascuriamo qualche apparentemente insignificante segnale.
  2. Sviluppare, documentare e condividere occasioni di vulnerabilità
    Organizziamo una discussione per identificare insieme al team i comportamenti e le risposte che più frequentemente mettono in difficoltà la nostra capacità di mostrarci vulnerabili, coinvolgiamo i nostri collaboratori nell’individuazione di modelli di risposta positiva per ogni comportamento e poi rendiamo visibile ed utilizzabile questa mappa, rivedendola durante gli sprint e le retrospettive.
  3. Concentrarsi su una occasione di vulnerabilità durante ogni scrum e praticare la responsabilità culturale
    Ora che abbiamo elaborato la nostra mappa, possiamo concentrarci su uno specifico aspetto all’interno di ogni scrum. Ricordiamo ai nostri collaboratori che dobbiamo considerarci tutti responsabili di mettere in atto comportamenti vulnerabili e di darci feedback positivi quando lo facciamo.
  4. Valutare formalmente il processo dialogico nella retrospettiva di sprint
    Durante la retrospettiva di ogni sprint dedichiamo uno spazio alla valutazione della qualità del processo dialogico del team. Poniamo domande come: vi siete sentiti inclusi nel processo? C’è qualcosa che non avete detto o fatto perché non vi sentivate sicuri? Qual è il comportamento vulnerabile che avete messo in atto e come ha reagito il team?
  5. Concludere le riunioni di Scrum con una domanda/riflessione
    Questi incontri sono pensati per offrire un rapido allineamento quotidiano, ma possono essere messi a frutto anche come riflessione tra una riunione di sprint e l’altra: se per esempio il team deve affrontare una situazione complicata, invitiamo i partecipanti a prepararsi a condividerla nello scrum.

Per conoscere meglio il legame tra Agile e Sicurezza Psicologica, leggi l’articolo completo di Timothy R. Clark su leaderfactor.com (originariamente pubblicato su Harvard Business Review)