Quando l’amministratore delegato di Salesforce Marc Benioff è stato avvicinato da due dei suoi dirigenti e gli è stato detto che l’azienda pagava uomini e donne in modo diseguale, la risposta di Benioff è stata quella tipica di molti manager: non è possibile.

Anche se le iniziative per la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI) si moltiplicano nell’industria – si prevede che il mercato globale per la DEI raddoppierà fino a raggiungere i 24 miliardi di dollari entro il 2030 – spesso incontrano ostacoli da parte dei e delle dirigenti che credono che, sebbene l’iniquità sia pervasiva, semplicemente non sia un problema all’interno della loro istituzione.

Ricerche precedenti attribuiscono questo rifiuto al fatto che i e le dirigenti spesso appartengono a una maggioranza demografica (bianca o maschile) o hanno opinioni conservatrici che si oppongono a tali iniziative. Ma Maryam Kouchaki, docente di gestione e organizzazioni presso la Kellogg, ritiene che questa spiegazione sia incompleta. Invece, Kouchaki e i suoi collaboratori hanno scoperto che i e le manager sono ciechə di fronte a questi problemi perché allineano la propria autostima con l’opinione che hanno della loro organizzazione. Mantenere questa visione positiva della propria azienda (e quindi di sé stessə) impedisce loro di riconoscere i problemi nella propria organizzazione, anche se possono vederli chiaramente in altre aziende.

“L’iniquità è presente ovunque”, afferma Kouchaki, che ha condotto la ricerca con Christopher To della Rutgers University e Elad Sherf della University of North Carolina. “Ma le persone che occupano posizioni di potere hanno un senso di appartenenza all’organizzazione e non riescono a vedere questa disuguaglianza nel loro contesto. Il loro ruolo (oltre alla loro identità individuale) può portarli a pensare in questo modo”.

Tuttavia, il team di ricerca ha scoperto che esiste un modo per aprire gli occhi dei e delle manager sul problema e per aiutarli a tenere sotto controllo i propri pregiudizi.

Le organizzazioni spesso sostengono l’equità di trattamento dei e delle dipendenti, tuttavia, i processi che in azienda consentono un accesso paritario alle opportunità, devono essere messi in pratica dalle singole persone e le iniziative DEI spesso incontrano la resistenza dei dirigenti.

Ricerche precedenti suggeriscono che l’autostima dei manager è legata al valore dell’organizzazione. Kouchaki e il suo team si sono chiestə se questa identificazione organizzativa impedisca ai e alle manager di notare potenziali problemi negativi all’interno del loro team, tra cui l’iniquità. Forse i e le manager vogliono credere che la loro organizzazione sia buona ed equa e quindi non riescono a vedere le disuguaglianze che si trovano all’interno della loro unità.

I e le manager non sono ciechə di fronte al problema, solo che non riescono a vederlo all’interno della propria organizzazione.

C’è un modo per far sì che i e le manager si rendano conto dei propri pregiudizi: dimostrare la disuguaglianza.

In uno studio finale, più di 700 partecipanti hanno partecipato a un sondaggio in cui hanno risposto alle stesse domande sull’iniquità e sul potere strutturale. È stato inoltre somministrato loro un esercizio di allocazione del budget. Ma questa volta, prima di assegnare le risorse, ad alcunə intervistatə è stato chiesto di ricordare un’occasione in cui un individuo sul loro posto di lavoro ha sperimentato pregiudizi o disuguaglianze.

L’effetto è stato notevole. I e le manager a cui è stato chiesto di ricordare queste disuguaglianze hanno stanziato il 30% in più di fondi per le iniziative sulla diversità rispetto a quellə a cui non è stato chiesto nulla.

L’esposizione all’idea di disuguaglianza nel proprio posto di lavoro riduce i pregiudizi: molte volte possiamo vedere i problemi, ma non li riconosciamo perché ci crediamo diversi dagli altri.

Dirigenti, fate attenzione: i vostri team potrebbero vedere delle disuguaglianze nella vostra organizzazione, anche se voi non le vedete! Cercate attivamente i processi che potrebbero perpetuarle.

Leggi l’articolo completo basato sulle ricerche di Christopher To, Dylan Wiwad e Maryam Kouchaki su Kellogg Insight