Non si sa esattamente come sia nata, ma l’abitudine di definire l’azienda come una famiglia è molto diffusa. Spesso lo si fa con le migliori intenzioni, ma in realtà questo comportamento può essere controproducente sia per i lavoratori sia per l’organizzazione, danneggiandone cultura e clima. Di solito le persone non vogliono far parte di una famiglia alternativa alla propria, inoltre con questo modo di fare possiamo generare una serie di comportamenti assolutamente disfunzionali.
- I confini tra lavoro e vita privata si fondono: questo accadeva ancora di più prima della pandemia, quando le aziende offrivano una serie di servizi (es: lavanderia, cibo, happy hour…) pur di fare in modo che le persone non lasciassero mai il lavoro. Il tempo libero, però, è fondamentale per mantenere la produttività.
- I lavoratori impegnati in questo modo possono essere sfruttati: se l’azienda è una famiglia, allora si può chiedere ai collaboratori un impegno come quello che dedicano alla propria famiglia. Con questa mentalità, rischiamo di affidare alle persone un carico eccessivo di lavoro o addirittura di spingerle a compiere azioni eticamente poco corrette “per il bene dell’azienda”.
- I dipendenti che se ne vanno vengono etichettati come traditori: questo atteggiamento è controproducente in quanto le ricerche dimostrano che gli ex colleghi che rimangono in contatto con il precedente posto di lavoro sono un’ottima fonte di formazione e aiuto per i neoassunti oltre che per i nuovi datori di lavoro.
Se definiamo la nostra azienda come una famiglia per indicare un’organizzazione con una cultura forte, fatta di persone legate l’una all’altra e che si spingono a vicenda verso nuovi livelli di performance, possiamo semplicemente sostituire il termine “famiglia” con “squadra” e ragionare sulle azioni da mettere in campo per rendere il nostro team più forte. Ecco alcuni suggerimenti:
- Ridefiniamo il nostro scopo
Uno dei modi più efficaci per legare un team è stabilire i cosiddetti “obiettivi superiori”, obiettivi così grandi da richiedere la collaborazione di tutti. Spesso vengono espressi in modo vago e astratto, mentre è importante renderli concreti e capaci di ispirare ogni team ponendosi domande audaci come “perché facciamo quello che facciamo?” e “chi è aiutato dal lavoro che facciamo?”.
- Incoraggiamo i confini
Molti manager vogliono persone che non tornino a casa o non si disconnettano fino alla conclusione della attività. Ma nella nostra società il lavoro non è mai finito. Per garantire una produttività sostenibile, è necessario assicurarsi che i lavoratori abbiano del tempo libero, cominciando con piccoli accorgimenti come non mandare mail dopo un certo orario o sperimentando nuove modalità come la settimana lavorativa di quattro giorni.
- Festeggiamo le uscite dei collaboratori
Una persona può andarsene per tanti motivi diversi, indipendentemente dal suo impegno. Non ha senso etichettare chi lascia come un traditore, anzi! I colleghi con cui manteniamo buoni rapporti sono come ex allievi che ci fanno buona pubblicità nei loro nuovi posti di lavoro, e possono essere un riferimento per la formazione dei nuovi assunti. Inoltre, vedere che chi se ne va riceve un trattamento positivo è motivante per chi resta, perché alimenta la consapevolezza che si riceverà lo stesso rispetto in futuro.