SEGRETA > Il tuo lavoro sarà sostituito dalla tecnologia? Scoprilo qui

Quali lavori, e in quale misura, verranno sostituiti dalla tecnologia? È una domanda che si pongono in molti, in un momento in cui il progresso tecnologico viaggia a ritmi sempre più elevati.
Il professore di finanza della Kellogg School of Management Dimitris Papanikolau, l’assistente Bryan Seegmiller ed alcuni colleghi hanno condotto uno studio per scoprire quali categorie di lavoratori sono storicamente più vulnerabili allo sviluppo tecnologico, quindi maggiormente colpiti da calo dell’occupazione e salari ridotti.

I ricercatori  hanno confrontato le attività associate alle diverse occupazioni con le descrizioni dei nuovi brevetti e hanno preso in considerazione quattro grandi categorie di attività:

manuali (es. elettricisti, macchinisti);
interpersonali: quelle che richiedono abilità sociali e comunicative (es: insegnanti, psicologi);
cognitive di routine: quelle che prevedono attività ripetitive e rispetto di istruzioni (es: impiegati, tecnici);
cognitive non di routine: quelle che richiedono creatività, capacità di analisi e di leadership (es: chirurghi, manager).

I lavori manuali sono risultati i più esposti al cambiamento tecnologico, come prevedibile, ma le attività cognitive di routine non sono da meno: dagli anni ’70 in poi, infatti, con il boom della tecnologia dell’informazione anche questa categoria ha visto un aumento importante della propria esposizione. Ne sono un esempio gli impiegati addetti alla ricezione e all’evasione degli ordini, che negli anni ’90 hanno subito le conseguenze dello sviluppo di diversi software per l’inserimento automatico.
Dalla ricerca emerge anche che avere una laurea non rende meno vulnerabili ai rischi dello sviluppo tecnologico: all’inizio degli anni 2000, infatti, l’esposizione dei lavoratori laureati era quasi pari a quella degli altri.

All’interno delle diverse categorie di lavoratori, a parità di esposizione, le persone meno giovani risultano maggiormente penalizzate (con salari che crescono 1,8 volte più lentamente nell’arco di cinque anni). Lo stesso vale per i lavoratori che hanno raggiunto la massima fascia di reddito per una determinata professione e per coloro che hanno un forte livello di specializzazione in settori che richiedono una lunga esperienza (per esempio produttori di utensili e manutentori di apparecchiature elettriche). 

Questi dati, però, non devono spingerci a vedere la tecnologia come una minaccia. La stessa ricerca di Papanikolau e Seegmiller, infatti, ci fornisce dei suggerimenti per “difenderci” dal progresso tecnologico, per esempio rilevando che la categoria dei lavori interpersonali ha registrato negli anni un livello costantemente basso di esposizione al cambiamento tecnologico: è utile, quindi, coltivare le capacità interpersonali. Inoltre, la tecnologia non influenza le diverse tipologie di lavoro soltanto sostituendole, ma anche cambiando il modo in cui vengono svolte e rendendo quindi obsolete determinate competenze in favore di altre che devono essere apprese; per questo è fondamentale essere pronti a adattarsi e imparare continuamente. Infine, non dimentichiamo che la soddisfazione che deriva da un lavoro che amiamo può compensare una crescita salariale più lenta: non lasciamoci quindi scoraggiare se vogliamo dedicarci a professioni più esposte alla tecnologia.

Per approfondire lo studio di Seegmiller e Papanikolau, leggi l’articolo originale su insight.kellogg.northwestern.edu.