Non c’è dubbio che la pandemia abbia messo tutti quanti noi sotto stress, comprese le aziende: ha richiesto di mostrare se e come siano in grado di adattarsi, quanto siano solide internamente e quanto siano realmente capaci di trovare nuove fonti di crescita. Per quanto, infatti, il futuro possa essere incerto, le aziende non possono permettersi il lusso di farsi trovare impreparate e devono essere più pronte che mai ad affrontarlo. 

Diventare pronti per il futuro significa migliorare le proprie capacità in vista di quello che ci aspetta. Un’azienda deve apportare cambiamenti regolari al proprio know-how per stare un passo avanti alle organizzazioni concorrenti. Se il know-how di un’impresa si arresta, essa dovrà affrontare la concorrenza, resterà indietro nei progressi e alla fine fallirà.

Harvard Business Review ha classificato i migliori attori in ogni settore esaminando, ad esempio, l’attività finanziaria dell’organizzazione e la sua stabilità economica, poiché investire nel futuro richiede un sano flusso di cassa. Ha, poi, misurato le prospettive di crescita di un’azienda, osservando le aspettative degli investitori e l’intensità degli investimenti in startup o nuove iniziative. Infine, ha considerato il lancio di nuovi prodotti, l’apertura a nuove idee e i loro primi risultati.  

La classifica prende in considerazione 86 aziende leader appartenenti a quattro settori diversi (finanziario, abbigliamento, tecnologico, automobilistico) e, sebbene ognuno di essi abbia il proprio schema di gioco, per ciascuno è stata identificata un’intuizione specifica e un comportamento universale che può aiutare le altre organizzazioni a prepararsi per il futuro. Vediamo per ciascuno di questi settori quali sono le storie di successo.

Il 2021 è stato un grande anno per l’innovazione fintech grazie all’aumento dei pagamenti elettronici. Non solo le persone hanno fatto più acquisti online ma hanno anche gestito le proprie finanze virtualmente invece di rivolgersi alle filiali bancarie. È stato un enorme successo per aziende come PayPal o Block. Di fronte a ciò, cosa hanno fatto le società di carte di credito come Mastercard e Visa per continuare a prosperare? Semplice, hanno collaborato con i loro competitor a vantaggio di tutte le parti coinvolte. Hanno permesso a terzi di attingere alle loro infrastrutture in modo sicuro e facilmente accessibile, permettendo a loro di continuare ad esistere. A volte si compete, altre volte si collabora, ma non è mai un gioco a somma zero. 

Dieci anni fa, American Express era la più grande società di pagamento mentre oggigiorno il podio è occupato da Visa e Mastercard. Questo perché le due aziende hanno esplorato nuove aree sfruttando le opportunità esistenti; al contrario, American Express è rimasta intrappolata nel suo modello di business legacy.

La morale della storia è che quando i tuoi concorrenti esploreranno abbastanza, useranno quella nuova base di conoscenze a loro vantaggio. Pertanto, è importante dedicarsi all’esplorazione del nuovo, anche quando i primi tentativi appaiono poco chiari, e impegnarsi in scelte e compromessi difficili.  

Nei marchi dell’abbigliamento, per soddisfare i consumatori che vogliono sempre più personalizzare i propri prodotti online e riceverli subito, le aziende devono digitalizzare l’intera catena di approvvigionamento. Per stare al passo con le richieste volubili dei consumatori, Nike, ad esempio, sfrutta l’analisi avanzata dei dati per raccogliere informazioni 24 ore su 24. Una previsione multicanale a livello locale consente all’azienda di prendere decisioni di sconti e promozione istantanee, e di spostare le scorte in tutto il Paese. È così che i consumatori possono trovare ciò che interessa loro ovunque si trovino. Inoltre, i clienti possono utilizzare l’app Nike in negozio per accedere ad articoli a rilascio limitato, curiosità o premi. Questo approccio digitale, diretto al consumatore e basato sui dati, annulla allo stesso tempo il confine tra il mondo online e quello fisico. Nike non si è fermato alla sola digitalizzazione, bensì si è distinta attraverso essa e poi è andata oltre.  

Aziende come Nike, Lululemon ed Hermes fanno affidamento sul futuro per guidare il loro apprendimento, esibendo un alto grado di certezza. Sono aziende aperte alla sperimentazione. Se è richiesta la rotazione, ruotano. E, sulla base delle prove, si impegnano su larga scala.

Il settore tecnologico opera velocemente e i dirigenti devono fare altrettanto per evitare di restare indietro. Le aziende tecnologiche leader non investono solo in nuove tecnologie; sono inclini all’azione per espandersi a nuove offerte o in nuovi mercati. Sono disposte ad acquisire nuove capacità e ad addentrarsi nell’ignoto. 

In un settore frenetico come quello tecnologico è essenziale saper prendere decisioni in tempi rapidi. Ma, per farlo, è necessario identificare quali decisioni sono reversibili. Jeff Bezos di Amazon chiama tali decisioni “porte a doppio senso”. Puoi ritirarti più tardi se non ti piace quello che vedi. Essere, quindi, sì propensi all’azione e provare cose nuove ma allo stesso tempo bisogna essere realistici e considerare ciò che potrebbe andare storto. 

Nel settore automobilistico, Tesla ha integrato verticalmente dove un tempo il settore ha fallito. Elon Musk cerca di lavorare direttamente con TSMC e Samsung invece di affidarsi ai tradizionali fornitori, e affronta problemi tecnici che l’ecosistema esistente non può risolvere abbastanza velocemente. 

Il settore automotive è poco abituato all’esplorazione e alla sperimentazione e allontanarsi dall’ingegneria meccanica dominante per sostituirla con conoscenze nel software e nell’elettronica qualcosa di più di un semplice investimento. 

La paura di fallire nel breve termine è molto reale. Pertanto, molte aziende preferiscono non rischiare e rifiutano l’idea di cambiare, di innovarsi. Così facendo però c’è una minaccia molto più grande che incombe su di loro, ovvero quella di perdere rilevanza. Ecco perché bisogna essere pronti per il futuro. Ma per farlo c’è bisogno di coraggio.

Leggi l’articolo completo di Howard Yu, Jialu Shan, Angelo Boutalikakis, Lawrence Tempel, Zuriati Balian su www.hbr.org