Le più grandi invenzioni e scoperte della storia nascono da un elemento comune: la curiosità, attributo fondamentalmente dell’essere umano. Francesca Gino, professoressa della Harvard Business School ed esperta di scienze comportamentali, ha svolto diversi studi sulla correlazione tra business e curiosità, coinvolgendo fino a 3.000 persone di diverse aziende e settori. Il lavoro suo e di molti altri ricercatori ha fatto emergere tre importanti intuizioni: 

  • coltivare la curiosità a tutti i livelli permette di affrontare meglio imprevisti e situazioni di mercato incerte, 
  • ci aiuta a trovare soluzioni creative e 
  • favorisce le dinamiche relazionali verticali e orizzontali

Con piccoli cambiamenti strutturali è possibile incentivare la curiosità per migliorare le aziende; e, nonostante tutto questo, il 70% dei dirigenti oggi incontra ostacoli invece che incoraggiamento alla propria curiosità.

Quali vantaggi concreti può portare la curiosità in azienda?

  • Meno errori decisionali: porta a cercare alternative, ci evita di cercare solo conferme alle nostre convinzioni, cadendo nella trappola del pregiudizio 
  • Più innovazione e cambiamenti positivi: da uno studio sul campo di Spencer Harrison e alcuni colleghi dell’INSEAD, è emerso che l’aumento della curiosità è associato a una creatività maggiore messa in gioco in tutti i tipi di lavoro (non solo quelli creativi).
  • Riduzione dei conflitti nel gruppo: la curiosità aiuta a mettersi nei panni degli altri ed a ampliare il proprio sguardo con la prospettiva degli altri
  • Comunicazione più aperta e migliori prestazioni di team: i gruppi di lavoro in cui la curiosità viene incoraggiata ottengono risultati migliori perché condividono le informazioni e comunicano maggiormente.

Nonostante questi benefici dimostrati della curiosità, solo poche organizzazioni -come 3M e Facebook- la incoraggiano. Perché? Spesso i leader temono che lasciare i collaboratori liberi di seguire la propria curiosità possa renderne più difficile la gestione, facilitare i disaccordi, rallentare le decisioni e mettere in discussione lo status quo. È comprensibile: l’esplorazione può mettere in discussione lo status quo e non produce sempre risultati utili. D’altra parte, spinge a non accontentarsi della prima soluzione possibile e a cercarne una migliore.

Come rafforzare la curiosità ed evitarne il fisiologico calo, misurato da una ricerca nel 20% in meno a sei mesi dalla assunzione?

  • Usare la curiosità come criterio di assunzione

Nel 2004 un cartellone anonimo è apparso nel cuore della Silicon Valley: chi si è incuriosito ed ha cercato di capirne di più è stato invitato a presentare il curriculum a Google, che ha continuato a testare questa caratteristica anche durante i colloqui di selezione.
Ci sono molti modi per mettere alla prova la curiosità di un candidato: test mirati, valutazione degli interessi estranei al campo di competenza, attenzione non solo alle risposte ma al fatto di rivolgere domande all’azienda per saperne di più.

  • Essere modello di curiosità ed umiltà intellettuale

Il presidente della BBC Dyke è stato molto apprezzato per il tempo che ha dedicato a fare domande e ascoltare le risposte dei collaboratori. Fin dal suo insediamento ha sottolineato l’importanza di questi aspetti e ha dimostrato con i fatti di avere davvero a cuore l’opinione del personale. Quando Gino ha chiesto a circa 230 leader cosa avrebbero fatto a fronte a una crisi organizzativa, pochi hanno risposto che avrebbero fatto domande invece che agire.
I libri di management spesso incoraggiano i leader che assumono nuove posizioni a comunicare subito la loro visione: è un cattivo consiglio. Ammettere di non avere la risposta, domandarsi, interessarsi e accogliere idee non scontati sono approcci che piacciono di più alle persone e producono più risultati.

  • Dare enfasi agli obiettivi di apprendimento

Nel gennaio 2009, il capitano Chesley “Sully” Sullenberger è riuscito a far atterrare in sicurezza un aereo nel fiume Hudson. Come? Grazie all’apprendimento continuo. ad ogni nuovo volo si preparava a possibili imprevisti, chiedendosi: “Cosa posso imparare?”. Quando l’imprevisto si è verificato davvero, Sully è stato in grado di trovare una soluzione creativa, valutando in poco tempo le opzioni possibili ed evitando di scegliere la più ovvia. Le ricerche dimostrano che impostare il lavoro sulla base di obiettivi di apprendimento (sviluppare competenze, acquisire abilità, padroneggiare nuove situazioni e così via) piuttosto che di prestazione (raggiungere obiettivi, dimostrare competenza, impressionare gli altri) aumenta la motivazione e fa lavorare meglio. 

  • Lasciare che i dipendenti esplorino e allarghino i loro interessi

Negli anni Trenta alcuni dipendenti della Olivetti sorpresero un collega che usciva dalla fabbrica con una borsa piena di pezzi di ferro e macchinari aziendali. L’operaio spiegò ad Adriano Olivetti di voler lavorare su una nuova macchina durante i fine settimana. Invece di licenziarlo, Olivetti lo incoraggiò e lo incaricò di supervisionarne la produzione. Il risultato fu Divisumma, la prima calcolatrice elettronica. I manager possono incoraggiare la curiosità dei collaboratori incentivandone la formazione, offrendo loro l’opportunità di nuove conoscenze e allargando la loro rete per esempio riorganizzando i luoghi di lavoro.

  • Istituire le giornate dei “perché”

La piccola figlia dell’inventore Edwin Land era impaziente di vedere una foto scattata dal padre: “Perché dobbiamo aspettare?”. È così che nacque la macchina fotografica istantanea Polaroid. La curiosità è tipica dei bambini, ma crescendo si tende a reprimerla. I leader possono farla riemergere insegnando ai collaboratori a farsi e a fare buone domande. L’organizzazione di “giornate dei perché” può contribuire a promuovere la curiosità.

Approfondisci gli studi di Francesca Gino sulla curiosità ed i numerosi esempi ancora portati dall’articolo su www.hbr.org