L’Impresa Online, Gruppo24Ore, 27 giugno 2013.
Il carisma non parla della meta, non dà garanzie su ciò che il cosiddetto leader vuole costruire. Semplicemente, il carisma, attiva un moto verso chi lo esercita.
Benissimo, e poi? E poi chi è stato capace di attrarre verso di sé deve avere la volontà e la capacità di passare al guidare verso una meta di qualità. Altrimenti si rimane intrappolati in un sistema autoreferenziale dove tutto quello che si ottiene è l’aggregazione attorno a chi (impropriamente) viene chiamato “leader” (e il cui vero obiettivo, spesso, è quello di mantenere o di conquistare una posizione).
Anche lo stile di management mette più l’accento su come si guidano le persone che sulla capacità di individuare una direzione.
Si lavora intorno alle tecniche che consentono di influenzare, coinvolgere, aggregare consenso…Tutto molto utile,ma a che cosa serve una leadership se non, innanzitutto, a individuare una direzione e a fare delle scelte di cui poi rispondere? Certo, è il contrario di quello che fanno i cacciatori di consenso!
Nell’epoca di profonda trasformazione, che ci ostiniamo a chiamare “crisi”, non possiamo più permetterci di disgiungere la parola “leadership” dal suo “scopo”.
Guidare, si, quindi, ma per andare dove?
Nella cultura aziendale non si è mai fatta distinzione tra “obiettivo e “scopo”. Questo ha impoverito gli obiettivi schiacciandoli su una dimensione realizzativa prevalentemente quantitativa e di breve periodo.
Ora, per aumentare il valore operativo della parola leadership, è il momento di introdurre questa distinzione.
L’obiettivo è il che cosa si vuole realizzare. Lo scopo è il perché. E il per chi.
E’ la meta che qualifica la capacità di leadership. Per valutare un leader bisogna innanzitutto comprendere lo scopo della sua leadership.
Servono dunque criteri per valutare la qualità della meta.
Quali criteri? Li vedremo nel prossimo articolo…