SEGRETA > E se il peggior ostacolo al nostro cambiamento fossimo proprio noi?

Cambiare è sempre difficile, persino quando è in gioco la salute: solo una persona su sette, ad esempio, cambia effettivamente il proprio stile di vita ed alimentazione dopo una malattia cardiaca. Ed è difficile anche per i professionisti del cambiamento, come racconta Lisa Lahey, docente di Harvard e co-director di Minds  At Work, società di coaching e consulenza. Uno dei miei obiettivi all’inizio della mia carriera – dice – era quello di diventare una brava oratrice, capace di parlare in pubblico. Nonostante i tentativi, però, continuavo a sentirmi tesa in queste situazioni. E dire che, insieme a Robert Kegan, avevo, pubblicato un volume che presentava un modello specifico per sviluppare un cambiamento duraturo, intitolato “Immunità al cambiamento”… Così, ho deciso di seguire le mie stesse prescrizioni. Ho cercato di capire cosa succedeva dentro di me, e perché cercavo di auto-sabotare il mio obiettivo. Muovere i primi passi in questa direzione mi ha aiutato a capire il motivo per il quale mi sentivo intrappolata nella situazione, e mi ha permesso di creare un percorso di miglioramento. Da questa esperienza, e dalle ricerche condotte, ho tratto 6 lezioni riguardo ai cambiamenti legati agli aspetti delle nostre vite:

1) Raggiungere il nostro obiettivo in termini di cambiamento richiede un’immersione nel nostro panorama interiore. Questo può essere scoraggiante, ma visualizzare le nostre contraddizioni può aiutarci a realizzare qual è il problema da risolvere. 

2) I metodi fino ad ora conosciuti per raggiungere il cambiamento sono superati.  Non è sufficiente avere un obiettivo chiaro, stilare un piano d’azione, tenere sotto controllo i nostri comportamenti e metterci tanta forza di volontà. Questo modello non può funzionare, perché si basa sulle convinzioni – inaccurate – secondo le quali possiamo cambiare i nostri comportamenti semplicemente sostituendo quelli problematici con quelli più adeguati, e possiamo sempre contare sulla nostra forza di volontà.  Questo non funziona semplicemente perché siamo creature complesse, con obiettivi spesso in contraddizione tra di loro. E uno di questi obiettivi, per lo più non consapevole, è proprio quello che ci porta a “boicottare” il cambiamento, perché va in una direzione completamente diversa.

3) Il conflitto interiore che abbiamo tra i nostri diversi obiettivi può essere descritto come avere costantemente un piede sull’acceleratore ed uno sul freno, in una costante dinamica tesa a proteggerci (soprattutto azionando il freno e compensando così l’eccessiva accelerazione). Non è di per sé una situazione negativa, ma lo diventa quando il nostro “freno” agisce di fronte a pericoli che non sono in realtà tali, iper proteggendoci. Questa dinamica costante richiede moltissima energia.

4) Dobbiamo saper riconoscere i modi in cui sabotiamo noi stessi. Attraverso una serie di domande specifiche, da noi testate, possiamo scoprire quali sono i comportamenti che mettiamo in atto per boicottare la nostra crescita, e definire di conseguenza i primi passi verso un cambiamento sostenibile.

5) Dobbiamo identificare e esaminare i pregiudizi che sono alla base dei nostri comportamenti di boicottaggio. I pregiudizi spesso fungono da lenti attraverso le quali filtriamo i contenuti e li consideriamo autentici. In realtà, si tratta di considerazioni tipicamente false e restrittive, e per diventarne consapevoli è importante che li “mettiamo alla prova”, testandoli nei nostri comportamenti quotidiani e verificandone la fallacia.

6) Se falliamo una volta, non vuol dire che falliremo ancora. Spesso dopo un fallimento siamo restii a intraprendere un secondo tentativo, perché diamo la colpa alla poca motivazione, a un piano inefficace o alla mancanza di forza di volontà. È sbagliato, però, prendersi tutta la colpa per il risultato insoddisfacente.

Per fare nostro questo modello, dobbiamo crederci davvero. Le persone si frenano dal cambiare perché temono di non avere abbastanza disciplina per farlo, o sono estremamente autocritiche.  Voglio dare alle persone una ragione per non essere così dure con sé stesse: nessuno di noi vuole soffrire a causa delle nostre stesse azioni”.

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