Sembra un ossimoro, ma la psicologa e business strategist Liane Davey sostiene che esista il conflitto sano sul lavoro. Le tensioni nate in ufficio possono rappresentare un punto di partenza per un dialogo rispettoso, la risoluzione di alcuni problemi e un cambiamento di comportamento che aiuterebbe le persone ad avvicinarsi ai loro obiettivi.
“Le tensioni e i conflitti non sono l’antitesi del lavoro di gruppo, ma piuttosto il suo proposito” ha affermato Davey in un’intervista con Knowledge@Wharton, la rivista di business analysis della “Wharton School of the University of Pennsylvania”.
Secondo lei, il conflitto sul lavoro esiste perché le organizzazioni stesse creano conflitti, obbligando le persone a fare dei trade-off tra priorità differenti o quando si assegnano compiti e obiettivi, o quando si deve decidere chi promuovere. Il conflitto sano può essere superato, quello passivo-aggressivo invece non fa altro che continuare a bruciare, come un focolaio.
Cosa si intende con “conflitto sano”? Ci sono tre livelli. Al livello dell’organizzazione, un litigio è sano se apporta un esito positivo per il business. Al livello di team, è sano se rafforza i legami tra i colleghi. Al livello personale, si tratta di conflitto sano se alla fine della giornata ci si guarda allo specchio e si è fieri di sé stessi.
“Conflitto” è una brutta parola e spaventa molte imprese che lo evitano, correndo grandi rischi e affrontando problemi perché i dipendenti non sono bravi a gestirlo. Dopotutto, tendiamo per natura ad evitare il conflitto e l’educazione che abbiamo ricevuto non ci ha permesso di considerare il conflitto come un elemento sano in una relazione.
Ovviamente, questo cambia quando si ha a che fare con il proprio capo. Davey suggerisce di adottare diverse strategie per dire la verità a chi detiene il potere. Innanzitutto, è importante attenersi al messaggio che si vuole dare e farlo con chiarezza. È anche utile utilizzare un linguaggio che sia più aperto possibile e che ponga domande all’interlocutore, in modo da avere spazio per invertire la rotta in caso di risposte inaspettate.
La psicologa afferma che abbiamo troppa paura di mostrare le nostre emozioni al lavoro, e che in realtà è possibile affrontare molte più situazioni di quante crediamo. Siamo umani, le emozioni sono insite in noi e si manifestano. Se si sente che la rabbia o lo sgomento stanno avendo la meglio in una situazione, è meglio prendersi una pausa, e se qualche lacrima scorrerà sul nostro viso, non sarà necessario giustificarla o scusarsi, poiché non è altro che la prova di quanto ci teniamo.
Nel suo libro, Davey propone due strumenti per affrontare il conflitto. Il suo “U Tool” permette di neutralizzare il conflitto prima che accada. La prima ragione per cui si litiga è perchè ci si è delusi a vicenda. E questo succede perchè non sono state comprese le aspettative reciproche. Questo strumento mira quindi a chiarire le aspettative all’interno di un team. Il “Tarp” è invece uno strumento che permette di ridimensionare quelle estenuanti discussioni a mo’ di braccio di ferro. È basato sulla convinzione che la tensione sia un elemento normale, non un errore di sistema, e permette di distendere il conflitto dando la possibilità a chi è seduto al tavolo di puntualizzare l’aspetto sul quale si è concentrati e chi sono gli stakeholder.
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