Agli inizi di quest’anno, Joe Biden ha sollevato la mano al cielo per il giuramento come quarantaseiesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Due anni prima, quella stessa mano si era sollevata mentre confessava di aver commesso un errore. Le sue politiche di repressione sul possesso di stupefacenti si erano rivelate un fiasco e Biden si ritrovò ad ammetterlo pubblicamente. Alcuni sostennero che questa ammissione avrebbe distrutto la sua carriera. Nella sua campagna elettorale come candidato alla presidenza, Biden fece dell’ammettere i propri errori un’abitudine. Nonostante ciò, i risultati sono stati quelli che conosciamo. Come ha fatto a trasformare quelle che normalmente sarebbero state macchie indelebili sul suo curriculum in una vittoria?

Ce ne parla Sam Maglio, Professore di Marketing e Psicologia dell’università di Toronto Scarborough. Quando le persone ammettono un errore dimostrano che hanno imparato da quell’esperienza, il che le rende più convincenti rispetto a chi invece si vanta di aver avuto sempre ragione su tutto e di non aver mai sbagliato in vita sua.

A riprova di ciò, il professor Maglio cita un suo studio di ricerca incentrato sulle recensioni del sito e-commerce di prodotti di bellezza Sephora. In un settore che cerca di imbottigliare la fonte dell’eterna giovinezza, ci si può aspettare che la brand loyalty sia piuttosto bassa, con i consumatori sempre alla ricerca del nuovo prodotto o ingrediente miracoloso. Il sito di Sephora, essendo un retailer online, è eccezionale come fonte di informazione sui prodotti grazie soprattutto alle recensioni. Nella ricerca, l’autore ha identificato oltre 500 recensioni che raccomandavano un prodotto A, mentre criticavano un prodotto B precedentemente acquistato. Dall’analisi è emerso che i consumatori interessati a comprare un prodotto qualsiasi si affidavano maggiormente a questo tipo di recensioni, piuttosto che a quelle che si limitavano a valutare positivamente il prodotto senza però citare precedenti esperienze negative.

Ciò a dimostrazione del fatto che ammettere un proprio errore (in questo caso l’acquisto del prodotto B) rende più esperti sul tema agli occhi degli altri, perché si pensa che si sia “imparato dai propri errori”, si sia fatta esperienza dell’accaduto e si abbia avuto modo di chiarirsi le idee sugli avvenimenti. La maggiore fiducia per le persone che ammettono i propri errori deriva anche dal fatto che serve una buona dose di intuizione e capacità di osservazione per realizzare di aver sbagliato, nonché una buona dose di sicurezza in se stessi per ammettere l’errore (solitamente ottenuta dalla nuova e migliore comprensione dei fatti).

Per questo, il consiglio che Maglio dà è di non nascondere i propri fallimenti sotto il tappeto, bensì di farne tesoro. I buoni leader sono onesti e vulnerabili, il che comprende anche accettare e riconoscere gli errori del passato. Forse è questo il fattore che ha fatto la differenza nella campagna elettorale di Biden: nell’ammettere gli sbagli del passato ha dimostrato di essere cresciuto, rassicurando sul fatto di saper come rimediare e soprattutto di non inciamparci più.

Non a caso, quando ci rivolgiamo ai più giovani per consigliargli, solitamente si inizia con la frase “impara dai miei errori”. Il solo fatto di dirlo, lascia intendere che si abbia una piena comprensione di ciò che si sta dicendo, il che non fa certo male se si vuole convincere qualcun altro ad ascoltare. 

Nessuno è perfetto, pertanto meglio usare questo dato di fatto come base per costruire credibilità. Quale modo migliore di persuadere se non attraverso l’umiltà intellettuale?

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