Nonostante una società fondata sul successo, l’errore rappresenta un elemento essenziale delle nostre vite (anche professionali) e con il quale occorre stabilire una sana convivenza
La passione per la vulnerabilità, la curiosità e la crescita personale può sostituire la vergogna e il senso di colpa legati al fallimento? Ne è convinta Amy Edmondson, Novartis Professor of Leadership and Management presso la Harvard Business School, rinomata esperta in materia di comportamento organizzativo e pioniera della ricerca sul concetto di sicurezza psicologica, che nel suo ultimo saggio edito da Egea, “Il giusto errore – La scienza di fallire bene” (vincitore del Financial Times and Schroders Business Book of the Year Award 2023), affronta per l’appunto il tema del fallimento e del nostro rapporto con questo stato di incapacità.
In una società fondata sul successo e sul culto del risultato, si legge nella nota che introduce il libro, poche idee fanno paura come quella dell’errore, che invece rappresenta un elemento essenziale delle nostre vite (anche professionali) e con il quale occorrerebbe stabilire una sana convivenza. Il rischio in cui spesso si incorre, come spiega l’autrice, è di dimenticare che non tutti gli errori sono uguali e di perdere di conseguenza un’opportunità importante, quella di fallire bene. Per riuscirci, per delineare le prassi virtuose in grado di gestire l’errore e trarne insegnamenti, gli strumenti non mancano. Condensando un quarto di secolo di ricerca accademica nel campo della psicologia sociale, storie di persone di diversa provenienza ed estrazione sociale e dati raccolti da organizzazioni di vario genere (aziende, agenzie governative, startup, scuole e ospedali), la narrazione di Edmondson ci guida a leggere le situazioni in base al loro “potenziale di fallimento” e ci invita, nel contempo, a riflettere sul nostro ruolo all’interno dei tanti sistemi di cui facciamo parte. Puntando a rispondere (come fine ultimo) a una sola, grande, domanda: come stare bene in quanto esseri umani fallibili.
Partiamo dal concetto di fallibilità, e proviamo a spiegare perché non dobbiamo averne paura…
Tutti noi siamo fallibili. Il punto è se e come usare questo dato di fatto per vivere una vita appagante all’insegna dell’apprendimento continuo, perché imparare a stare a nostro agio con ciò che siamo ci regala una buona dose di libertà. Ma migliorare come esseri umani fallibili significa anche imparare a fallire bene. Come? Prevenendo i fallimenti elementari il più spesso possibile, anticipando quelli complessi in modo da prevenirli o mitigarli e coltivando il desiderio di fallimenti intelligenti, e cioè quelli indispensabili per il progresso, più frequenti. Possiamo imparare a vivere con gioia la nostra fallibilità: sebbene possa sembrare illogico, il fallimento può essere un dono. Ed è un dono la chiarezza che il fallimento può portare sulle capacità che abbiamo bisogno di sviluppare, come lo è il farci comprendere le nostre vere passioni.
Che differenza c’è fra l’errore che può e “deve” commettere il Ceo di una startup tecnologica e l’errore in cui può (e non dovrebbe) incorrere il Ceo di una grande azienda?
L’accento va posto sulla capacità di apprendimento dagli errori e sulla gestione efficace dei rischi per stimolare la crescita e l’innovazione, mantenendo al contempo una cultura di sicurezza psicologica. Un leader di una startup tecnologica deve utilizzare i fallimenti come opportunità di apprendimento per innovare e crescere, mentre un leader di una grande azienda dovrebbe combinare la prevenzione di errori derivanti da negligenza, mancanza di pianificazione o formazione inadeguata nelle procedure conosciute con il prendere rischi intelligenti per innovare. In entrambi i contesti, è prioritario imparare dai fallimenti. Creando un ambiente in cui i dipendenti si sentono autorizzati ad affrontare apertamente i fallimenti, sia i Ceo delle startup che quelli delle grandi aziende possono promuovere un miglioramento continuo all’interno delle loro organizzazioni.
Come giudica il rapporto dei leader di oggi con l’errore?
Come ho già spiegato, tutti gli esseri umani, compresi i leader, sono fallibili. Tutti commettiamo errori. I migliori leader sono quelli che riconoscono rapidamente i propri errori, rendono più facile per gli altri segnalare gli errori e supportano tutti nell’apprendere il più possibile da ogni errore che si verifica.
C’è un esempio di un grande leader aziendale che citerebbe come esempio di approccio virtuoso all’errore?
Penso che Alan Mulally, che ha guidato una straordinaria ripresa della Ford Motor Company, si possa distinguere come grande figura aziendale ad aver adottato un approccio virtuoso agli errori e ai fallimenti. Ha abilmente invitato le persone a parlare onestamente di problemi, errori e fallimenti e grazie alla sua leadership le persone hanno iniziato a dire la verità l’una all’altra affinché i problemi potessero essere risolti rapidamente. Personalmente, sono più interessata ai fallimenti che agli errori, che considero deviazioni dalle migliori pratiche che contengono la conoscenza su come ottenere un risultato desiderato. I fallimenti, invece, sono risultati indesiderati. Alcuni sono effettivamente causati da errori, ma molti altri sono causati da esperimenti ponderati e rischi intelligenti che non si sono conclusi come sperato. I grandi leader comprendono questa differenza e compiono una serie di azioni per aiutare le loro organizzazioni a ridurre gli errori inutili e i fallimenti evitabili, incoraggiando al contempo il rischio intelligente e l’apprendimento condiviso dai fallimenti intelligenti.
Saper gestire l’errore è un talento e si può allenare con la formazione?
Sì, certamente può esserlo. E infatti sostengo che leggere il mio libro sia un ottimo punto di partenza. Ho trascorso molto tempo ad insegnare ai miei studenti come pensare chiaramente e in modo intelligente ai fallimenti e agli errori di ogni tipo. Un’ultima domanda: le tecnologie innovative, e nello specifico l’intelligenza artificiale, possono esserci d’aiuto per imparare a “fallire bene”? E come? Penso che sia una domanda meravigliosa. Sono fiduciosa rispetto al fatto che l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo importante nell’aiutare le persone a progettare esperimenti intelligenti su una giusta scala in modo che possano fallire bene, fornendo anche suggerimenti per permettere loro di apprendere il più possibile da ogni tentativo.
di Gianni Rusconi