Cosa ci dice di importante questo libro

Cultures of Growth di Mary C. Murphy, esplora l’impatto della cultura organizzativa sulle prestazioni e sul benessere personale.
I riferimenti concettuali della Murphy sono gli studi della Dweck che ha dimostrato che gli individui funzionano:

  • con una mentalità fissa, in cui talento e intelligenza sono visti come tratti predeterminati, innati (o ce li hai o non ce li hai) e la mancanza di successo come l’assenza di capacità;
  • oppure con una mentalità di crescita, che realizza il miglioramento attraverso apprendimento e collaborazione, e considera il fallimento come un’opportunità di crescita;

e gli esiti delle ricerche di Amy Edmondson che dimostrano come la crescita della Sicurezza Psicologica (intesa come “assenza di paure interpersonali”) si traduca in una crescita più che proporzionale delle performance.
In questo libro Mary C. Murphy, sintetizza oltre un decennio di sue ricerche, qualitative e quantitative, realizzate in importanti aziende come Patagonia, WeWork, Shell Oil, Atlassian e molte altre.
La ricerca di Murphy evidenzia che le aziende che sviluppano una “Cultura del Talento”, sono caratterizzate da alta competizione e attenzione ai singoli, ma soffocano la creatività, creano ambienti di lavoro stressanti e favoriscono comportamenti non etici. Inoltre, in queste aziende i dipendenti sono meno soddisfatti (40%) e meno inclini a rischiare rispetto ai dipendenti di aziende con una “Cultura della Crescita”.
L’autrice enfatizza in vari passi quanto sia facile cadere nella trappola dell’etichettatura e del giudicare gli individui come “capaci” o “incapaci” tipica della mentalità fissa per evitare un approccio co-responsabile della crescita e, a proposito di Sicurezza Psicologica, quanto il rischio e il conflitto siano invece i benvenuti se ben compresi e volti al miglioramento.
In estrema sintesi, secondo Murphy la Cultura della Crescita favorisce maggiormente gli atteggiamenti di responsabilità, quella del Talento reazioni diffuse di colpevolizzazione delle parti.
L’autrice spiega che la nostra mentalità non è statica: tutti oscilliamo tra una mentalità fissa e una di crescita a seconda delle circostanze, introducendo il concetto di “trigger di mentalità”, ovvero situazioni che possono spingere le persone verso una mentalità fissa o di crescita. Le organizzazioni possono influenzare queste oscillazioni attraverso pratiche mirate, sapendo che esistono “bolle organizzative” dove dominano l’una o l’altra delle culture.
Uno degli aspetti più provocatori del libro è che la performance individuale è influenzata più dal contesto che dalle capacità personali e concentrarsi solo sull’individuo trascurando l’ambiente circostante limita il potenziale di crescita sia individuale che organizzativo.

Citazioni

  • “La cultura del talento produce meno talento”
  • “La mentalità è un continuum, non un tratto fisso”
  • “La cultura organizzativa plasma le mentalità individuali”
  • “La collaborazione prospera nelle culture di crescita”
  • “L’innovazione è diffusa in ambienti psicologicamente sicuri”
  • “L’assunzione di rischi e la resilienza vengono coltivate attraverso la mentalità di crescita”
  • “Diversità e inclusione sono risultati naturali delle culture orientate alla crescita”
  • “Vogliamo dipendenti in grado di mettere in discussione quelle che considerano cattive decisioni”
  • “Il fallimento è spesso il miglior insegnante e dopo aver gestito la situazione dell’errore, occorre raddoppiare l’apprendimento prima di andare avanti”
  • “Il conflitto ci sospinge fuori dalla zona di comfort ed espande la nostra consapevolezza o il nostro pensare”
  • “Il successo degli altri può ispirare piuttosto che minacciare”

Struttura e contenuti del libro
Il libro è suddiviso in 3 parti:

  1. Il potere del mindset, dove vengono approfondite e confrontate le due diverse culture aziendali, quella del Talento e quella della Crescita
  2. Ripensare la concorrenza (interna), dove Murphy esplora gli effetti della competizione interna alle aziende, evidenziandone l’impatto negativo sulla salute individuale e organizzativa e mostrando invece, tramite storie di successo, diversi modelli aziendali che danno priorità alla collaborazione rispetto la competizione
  3. Promuovere le microculture di crescita, dove l’autrice propone strategie praticabili per avviare una trasformazione dal basso.

Per far evolvere la cultura organizzativa occorre per prima cosa identificarla e la Murphy propone di farlo attraverso cinque fattori chiave:

  1. Collaborazione: misura quanto le persone lavorano insieme anziché in competizione.
  2. Innovazione: verifica se le aziende incoraggiano il pensiero ampio o se sono caute e limitate nel focus e condividono una continua ed aperta revisione dei dati
  3. Assunzione di rischi e resilienza: analizza se le persone possono sperimentare e imparare dagli errori.
  4. Integrità e comportamento etico: valuta se le aziende premiano il comportamento corretto o le scorciatoie.
  5. Diversità, equità e inclusione: osserva come le aziende reclutano e supportano talenti diversi.

 

Istruzioni per la lettura

Le organizzazioni che adottano la mentalità di crescita diventano più resilienti e competitive e il libro di M. Murphy illustra in modo chiaro diverse metodologie del cambiamento organizzativo e dello sviluppo del personale (manager e non).
Dal cosa fare al come fare, dal risultato al processo, dalle risorse da acquisire alle risorse già attivabili a livello individuale, di team e di organizzazione. La generatività del cambiamento si gioca sui processi e sulla consapevolezza e scoperta del come le comunità evolvono e quali capabilities e valori organizzative sono effettivamente attivati o praticati.
Cultures of Growth fornisce strumenti pratici per promuovere una mentalità di crescita nei gruppi:

  1. Identificare i trigger di mentalità: comprendere le situazioni che spingono verso una mentalità fissa o di crescita.
  2. Creare ambienti sicuri per l’apprendimento: favorire la condivisione di idee senza timore di giudizi.
  3. Accettare il fallimento come parte del processo: promuovere l’idea che gli errori siano occasioni di crescita.

 

*Recensione a cura di Maurizio Grassi