Marina Capizzi > Da dove viene la bravura?

L’Impresa Online, Gruppo24ore, 22 novembre 2013.

Per diventare “bravi” è necessario un atto di responsabilità verso se stessi che traduca le proprie abitudini in comportamenti competenti: atti e parole efficaci che ci conducano attraverso la via più breve al risultato che ci proponiamo.
La traduzione dell’attitudine in competenza passa attraverso la sperimentazione, l’apprendimento e, soprattutto, la costante pulizia e manutenzione del nostro pensiero. Anche se non ce ne accorgiamo, infatti, i comportamenti sono innanzitutto figli dei nostri pensieri: un comportamento efficace nasce da un pensiero che inquadra correttamente l’azione facilitandone il successo, un comportamento inefficace è figlio di un pensiero mal posto. Provate a trovare una soluzione se considerate il problema irrisolvibile a priori… Provate a delegare se pensate che se fate voi fate prima e meglio… (questo pensiero killer è diventato addirittura un proverbio… “chi fa da sé fa per tre”. Non male, vero?).

Possedere conoscenze e tecniche, insomma, non basta se la nostra competenza è ostaggio di un “pensiero killer” che la limita. Un altro ingrediente della bravura è la capacità di valorizzare i nostri punti di forza, le nostre competenze e caratteristiche più spiccate, che sono gli strumenti attraverso i quali generiamo eccellenza. Certo, a patto di usarli in modo pertinente allo scopo e alla situazione (avete presente chi continua a parlare quando dovrebbe ascoltare e chi va avanti ad ascoltare quando dovrebbe parlare?).

La bravura, quindi, è il risultato di una regia interna che si sviluppa tra lo scopo che ci proponiamo e il modo nel quale giochiamo i nostri asset (vedi articolo precedente), anche rispetto a ciò che ci motiva (perché quando facciamo qualcosa che ci piace diventiamo noi stessi produttori di energia mentre quando non siamo motivati consumiamo energia senza produrla…), e ai nostri valori (perché i valori sono una prospettiva mentale attraverso la quale valutiamo lo scopo delle azioni in termini di bontà, importanza e giustizia).

In conclusione, quando agiamo le nostre competenze in armonia con ciò che ci piace e riteniamo giusto, la nostra azione diventa più decisa, più nitida e meno faticosa proprio perché c’è una coerenza tra senso di efficacia, piacere e valore.
Se guardiamo solo la dimensione più individuale, però, rischiamo di avere una visione troppo limitata della bravura.

Possiamo dire che una persona è brava solo perché raggiunge prima o meglio lo scopo che si prefigge? La bravura non si sviluppa  anche attraverso dinamiche con le altre persone?
Sul prossimo articolo risponderemo a queste domande…