Marina Capizzi > Valore si, ma per chi? Ancora sulla leadership degli scopi

L’Impresa Online, Gruppo24ore, 23 luglio 2013.

“Valore” è una delle parole più importanti nella vita delle persone, professionale e non. Tutto ciò che noi facciamo può generare valore, cioè creare benefici materiali e immateriali. Questo valore può essere generato solo per noi stessi, per gli altri o per entrambi (è vero, ci sono anche casi in cui agiamo distruggendo valore per tutti…). La ricerca del valore, insomma, è un meccanismo “economico” ma è anche innanzitutto un meccanismo “mentale” che orienta i comportamenti e le scelte delle persone in ogni tipo di scambio umano.

In questo viaggio alla ricerca di significati che aprano nuove vie mentali di navigazione, proponiamo di associare la parola valore alla capacità di generare benefici per sé attraverso la generazione di benefici per altri. Più precisamente, intendiamo per “valore” il rapporto tra la somma dei benefici materiali e immateriali generati per tutta la catena degli stakeholder, esterni e interni, e la somma dei costi materiali e immateriali sostenuti per generarli.

Utopia? Non proprio.

La possibilità di ottenere benefici più duraturi per noi stessi aumenta se li otteniamo con beneficio anche per di altri (pensiamo ai figli, al partner, ai clienti, ai colleghi,al capo, ecc.).

La logica del valore si fonda sul concetto della reciprocità del vantaggio con la produzione di benefici per terzi implicati direttamente o indirettamente. La sostenibilità dei profitti aziendali, ad esempio, è maggiormente garantita se genera valore anche per gli stakeholder. Un’azienda ha maggiori possibilità di alimentare il proprio valore nel tempo se la produzione di profitti per sé genera benefici non solo per chi acquista e per gli azionisti ma anche per gli utilizzatori, i fornitori, i cittadini ecc. Il valore, in sintesi, essendo legato a tutte le nostre azioni, può qualificare l’economia, la società, le relazioni private, quelle pubbliche e professionali. Anche la leadership.

Nell’articolo precedente abbiamo legato la leadership al suo scopo. Se leadership significa guidare gli altri, infatti, lo scopo che un leader  si prefigge conta più del suo carisma.
Ma come si valuta la qualità della meta di una leadership? La parola “valore”, per come l’abbiamo definita, può aiutarci a trovare una risposta.
Quando qualcuno si propone ad altri come leader (nella vita di tutti i giorni, alla guida di un team, di un’azienda, del Paese) la domanda chiave diventa: quali benefici vuole conseguire e per chi? (La seconda domanda è: come?).
La storia, non solo recente, è piena di esempi di leadership il cui scopo è la generazione o il mantenimento di benefici per chi la esercita. Ma se noi colleghiamo la leadership al valore dello scopo ribaltiamo questo modello.

La bontà dello scopo è direttamente proporzionale all’ampiezza dei benefici generati e alla loro durata (più è ristretto il raggi odei benefici, più è debole la qualità della meta).
E’ qui che la leadership degli scopi si fonde con la logica del valore. In azienda, ad esempio, il contributo dato attraverso la propria attività, il modo in cui lavoriamo con gli altri, il rapporto con in clienti e i fornitori, la comunicazione, i piani strategici, la definizione dell’offerta, la struttura organizzativa, il disegno dei ruoli, la scelta dei sistemi di valutazione e di controllo, il sistema premiante: tutto può essere inserito in una catena degli scopi, la cui bontà può essere verificata e ragionata incrociandola con la catena del valore.

Non ci nascondiamo che la logica del valore dello scopo, a nostro avviso, è rivoluzionaria se la confrontiamo con molte prassi diffuse.
Viene voglia di chiedersi se essa indica un nuovo significato per la parola “competitività”…
Ne parlerò nel mio prossimo articolo…